Olga Chernobryvets - Vestito rosso a pois Страница 2

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Olga Chernobryvets - Vestito rosso a pois

Olga Chernobryvets - Vestito rosso a pois краткое содержание

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È la traduzione dal omonimo libro in russo dell’autore Olga Chernobryvets. Tutte le storie ascoltate da quelle persone che la circondano. Olga scrive in maniera concisa e breve ma profonda. Dall’autore: Ringrazio di cuore tutti i miei eroi e porgo ringraziamento speciale a miei traduttori Alfredo Bertollo, Claudio Pozzani, Petrizia Monaco, Sivia Guerra, Antonella Frugone, Franca Pissinis. Auguro a tutti voi l’ispirazione creativa e la felicità.

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Olga Chernobryvets - Vestito rosso a pois - читать книгу онлайн бесплатно, автор Olga Chernobryvets

Il suo sogno di andare alle Fiji era in un così lontano angolino della speranza, che già se ne era dimenticata.

Il ricevimento era previsto al più alto livello. Grazie a Dio, tutte le cure della tavola se le era prese Dasha – una sua amica e proprietaria d’un ristorante che, senza prendere nessun centesimo d’anticipo, si era rimboccata le maniche insieme al personale del suo ristorante.

Ecco. Pronto. Pare che non sia stato dimenticato nulla.

Tornava a casa più tardi del solito. Per arrivare alla periferia di Roma prendeva il metro e poi una piccola parte della strada la faceva a piedi. Il quartiere era tranquillo, nel palazzo tutti conoscono tutti.

Uno strappo da dietro, un dolore infernale alla mano destra, la mano stringe spasmodicamente il manico della borsa. Viene colpita in faccia, grida. Su un balcone appare una figura.

Sono in due a saltare sulla moto ruggente. La Polizia arriva subito dopo, ma troppo tardi.

Nessuno poteva immaginare nessuno come era ridotta. La mattina successiva avvertì la ditta che non poteva andare al lavoro per malattia. È stato molto imbarazzante per lei non poter partecipare, però sapeva che era stato preparato tutto alla perfezione e che a Dasha non sarebbe mancata la classe.

Era fisicamente insopportabile!!! Aveva paura di guardarsi allo specchio. Ma di più le pesava il rendersi conto della sua impotenza davanti al male. Passò il tempo come ci fosse stata nebbia.

Aspettava una chiamata il giorno successivo. Nessuno chiamò, la ringrazio e le domandò come stava.

Chiamò Dasha e le domandò com’era andata.

– Non lo so, – rispose Dasha, – non mi hanno invitato.

– Ma ti hanno pagato?

– No.

Vladislava rimase male, ma si affretò a garantire che tutto si sarebbe risolto quando lei fosse tornata al lavoro.

– Prego passi dal mio ufficio. Si accomodi. Come si sente? Mi dispiace che lei non stia tanto bene. Non volevo rattristarla in un periodo così delicato, ma la direzione mi ha incaricato di informarla del fatto che il suo contratto è terminato, nel periodo della sua malattia abbiamo assunto un’altra persona.

– Dovevate preavvisarmi della vostra decisione.

– Le spedimmo una lettera subito.

Dal suo tono e comportamento Vladislava capì che lui era consapevole di tutto quello che era successo.

Passarono sei mesi prima che Vladislava, donna forte e volitiva, cominciasse di nuovo a percepire il mondo. Grande fiducia nella gente e nobiltà innata si sono trasformate in sfiducia e paura. Le sue indubbie capacità organizzative e lavorative sembravano inutili, la bellezza era svanita a causa del lavoro.

Capitò l’occasione di fare dei corsi di scuola alberghiera, si iscrisse senza tanto entusiasm0. Il futuro lavoro le sembrava noioso e monotono, senza possibilità di crescita professionale. Questo la opprimeva.

Per fortuna capitò subito il posto lavorativo in un albergo vicino alla stazione ferroviaria..

Per un po’ di tempo ci perdemmo l’un l’altra di vista. Io stetti in ansia per lei. La chiamai. Mi rispose e mi disse che da poco aveva sepolto sua madre e che tutto andava male.

Io dissi tutto quello che è necessario dire in queste occasioni, fortemente convinta che tutto il male sarebbe finito. Qualcuno la cercherà in questo enorme mondo.

Traduzione Alfredo Bertollo

Are you happy?

La domanda era inaspettata nella sua semplicità e mi colpì subito.

– Are you happy? – domandò e continuò:

– Sono felice ogni minuto. Dio porta attraverso di me un messaggio di gioia, io trasferisco questo sentimento alla gente, li faccio più sereni, li libero dalla monotonia e dalla noia. Faccio quello che voglio. Questa è la mia missione.

Guarda questo tamburo. Il suo corpo è fatto da un tronco di un rarissimo albero, che mi permette di estrarre questo unico suono: tum-tum. In diverse tonalità. Tum-tum! E» coperto dalla pelle di un bufalo con una speciale lavorazione.

Bisogna avere le mani molto forti per suonare questo strumento. Provi i miei calli, sono molto forti. Dio ha compensato il fatto che le mie gambe non funzionano dandomi queste forte mani. Se le mie gambe lavorassero ti porterei come una piuma.

Sanno fare di tutto queste mani. Vedi il mio abito? Grazie, davvero elegante. Faccio tutto con le mie mani.

E, in più, mi piace cucinare tutti i piatti della cucina africana; sono di origine somala. Mio padre era un noto antropologo. Anch’io continuo a scrivere un libro dedicato a quella disciplina e, certamente, preparo un disco di musica africana. Voglio che tutta la gente di questo mondo conosca la nostra cultura. Voglio portare la gioia. Non mi piace annoiarmi.

Ho tanti amici e tutti hanno talento. Ho una amica pianista non vedente, sposata, ha due bambini. Ci incontriamo spesso, mangiamo i piatti che preparo. Ci scambiamo le novità. Facciamo nuovi progetti.

Io abito in un paesino vicino Torino. A Genova sono di passaggio. Mi piace questa città. È varia, colorita, vivace. Mi piace introdurre in questa sinfonia la mia nota. Tum-tum, come il ritmo del cuore.

Sono felice in ogni momento della mia vita. Are you happy?

Traduzione Alfredo Bertollo

Della prattica di un’avvocato

– Quale storia mi ha colpito di più? mi domandò Nadia. – Erano tante in tutti gli anni di lavoro.

Di più però mi hanno colpito queste due. Una donna mi racconta:

– Abbiamo vissuto con mio marito più di una dozzina di anni, molto bene, in pace ed armonia. Leggevamo gli stessi libri, guardavamo gli stessi film, andavamo insieme in vacanza.

Così facevamo anno dopo anno. Era tutto bellissimo prima che mio marito si ammalasse. Venne ricoverato. Andavo a trovarlo e gli trovavo sempre la stessa donna vicino. Pensavo fosse l’ infermiera. Poi mi hanno detto: «E’la sua amante».

Glielo chiesi e lui annuì. Non stetti a chiarire i dettagli, compresi che era una lunga storia se osava venire in ospedale.

Lei non si può immaginare, cara Nadezhda Yakovlevna, cosa provavo nell’anima. Come poteva essere possibile? Tutto era chiaro: gli stessi libri, gli stessi film, in vacanza insieme. Come è stato?

Mi sono arrabbiata con lui e ho smesso di andare in ospedale a trovarlo.

Passò un’po di tempo. Io pensavo a tutto il nostro passato, scalpitavo ed ero perplessa: come aveva potuto? Man mano la mia rabbia passò. Sono andata a trovarlo. Proprio quando è stato dimesso dall’ospedale.

Ho detto che lo perdono e che voglio che tutto torni come prima. Ed egli mi ha risposto: «No, adesso io non voglio. Quando stavo male, lei mi curava».

E se n’è andato dall’altra.

– Questa è un’altra storia, conclude la mia nuova conoscente, avvocato, – sempre raccontata da una donna.

Lei ha vissuto tanto con suo marito. Sono diventati vecchi insieme. Quando lui morì, al funerale arrivò un’altra donna tutta in lacrime. Piangeva, come si trattasse di un familiare. Una parente lontana? Non mi risulta.

Scoprì che suo marito aveva un’altra famiglia e che quella donna era sua figlia.

– Allora come si fa a fidarsi degli uomini? – mi chiede la mia conoscente avvocato.

Come faccio a saperlo, cara Nadezhda Yakovlevna?

Traduzione Alfredo Bertollo

I capelli non lavati

«Questo avvenne trent’anni fa» – mi racconta Olga- «in un piccolo paese dove tutti si conoscono, fra loro amici nelle difficoltà. Le vicine di casa si aiutano l’una l’altra anche solo per scambiarsi i fiammiferi. Tutte le novità vengono esaminate.

Al centro dell’attenzione, naturalmente, i giovani. La coppia più bella era quella di Vera e Sergio. La ragazza lavorava nell’emporio rurale e il giovane uomo insegnava nella scuola. Tutti erano pronti a giurare che non vi sarebbero stati problemi per le nozze.

A quel tempo esistevano i campi degli scout e il giovane insegnante di ginnastica fu mandato a lavorare con i ragazzi. Là egli incontrò Nadia, una maestra della regione vicina, orfana di madre che somigliava in tutto e per tutto a Vera. Nadia restò incinta e in autunno Sergio si sposò con lei. Bisogna dire che come casalinga la giovane Nadia era perfetta come Vera. Quest’ultima non disse a nessuno quanto se l’era presa e non svelò in nessun modo ad alcuno il suo dispiacere: restò così presente a sè stessa, scrupolosa e distesa come prima.

Tutto andava bene a Vera: il lavoro, la casa e gli studi; solo non aveva trovato l’amore e tutto il paese si preoccupava per lei. Poi improvvisamente cambiò dal di dentro anche se rispondeva alle domande in modo evasivo celando agli altri il motivo: si era innamorata di un giovane agronomo che era arrivato per istruire gli agricoltori.

Per fortuna o sfortuna di Vera era originario del villaggio che si trovava di fronte, oltre il fiume. A poco a poco corsero delle voci: la verità viene sempre a galla.

Il motivo delle chiacchiere era serio: Vera aveva dodici anni di più. Ed ecco che sulla riva del fiume dove lei vive si danno pensiero per questo. Sull’altra riva criticano: una vecchia zitella vuole sposare un giovane. Specialmente era la famiglia dell’agronomo contro il matrimonio. La gente bisbigliava, ma l’amore ebbe la meglio. Anche Vera restò incinta.

Le donne del consiglio di zona dove Vera era iscritta avevano compassione di lei perciò le telefonarono e le dissero: «Bisogna che tu ed Andrea veniate con i passaporti per firmare e noi formalizzeremo il matrimonio, ma solo oggi perché il nostro presidente è andato in missione; noi predisporremo il tutto e poi quando tornerà glielo spiegheremo.». Vera si agitò: il vestito non andava bene come avrebbe dovuto, sapeva che bisognava dirlo subito ad Andrea ed egli avrebbe portato subito il suo passaporto. Oh! Dio, quanto aveva aspettato questo momento. Però qualcosa non andava bene si guardò nello specchio: i capelli non erano lavati. Nella sua situazione concentrata sulla nuova vita, lei si è trascurata nel suo aspetto esteriore. Decise di non andare con i capelli sporchi e si lasciò sfuggire l’occasione. Rispose alle amiche: «Grazie, ma oggi non posso». Parlò con Andrea dopo alcuni giorni, ma lui era distratto per i problemi con i suoi genitori; chiese di rinviare la firma.

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